Esfoliazione, quale è quella più adatta ad un paziente oncologico?

 

L’autunno è la stagione che amo. Per il  fascino dei suoi colori, per il foliage, sinonimo di rinnovamento. 

Dopo il periodo estivo, ecco tornata la voglia di prenderci cura del nostro corpo, di rigenerarci. E sapete che proprio l’autunno è il periodo più giusto per dedicarsi ad alcuni trattamenti estetici? Perché la pelle ha bisogno di prepararsi all’inverno, eliminare i “residui” estivi e tornare a splendere. Per ottenere questo risultato, è necessario esfoliare.       

L’esfoliazione, uno dei trattamenti più richiesti nei mesi autunnali, è amata da tutte le donne che vogliono “ripulirsi”, perché rende come per magia la pelle più luminosa, riduce le iperpigmentazioni. È inoltre una valida alleata in caso di impurità cutanee e permette  un assorbimento più rapido di sieri e crème specifici (ricordate sempre di farvi consigliare da professionisti qualificati). Ho ricevuto tante domande su che cosa sia dalle pazienti oncologiche, ma anche nel mio lavoro di farmacista e cosmetologia. Vi rispondo punto per punto.

Prima cosa: attenzione, perché l’esfoliazione, come lo scrub, è sconsigliata per chi si sta sottoponendo alla chemioteapia o alla radioterapia, o ha terminato da poco le cure. 

Perché? Perché tra gli effetti collaterali a sfavore della pelle provocati dalla chemio c’è il dermografismo, una reazione di iper reattività della cute che può manifestarsi come un’orticaria. 

Dunque, proprio perché la pelle durante le terapie può subire danni e la sua barriera cutanea può restarne alterata, è sconsigliabile effettuare trattamenti (come l’esfoliazione) che andrebbero a sollecitarla ed indebolirla ulteriormente. 

Ma se sentite il bisogno di esfoliare, potete utilizzare un’altra strategia, dopo aver avuto l’ok del nostro oncologo e almeno 3/5 mesi dopo la fine delle terapie. Con molta cautela, sempre con la consulenza dello specialista, una volta al mese consiglio di scegliere una pratica cosmetica adatta anche alle pelli più sensibili: il peeling enzimatico. È la prima delle tre tecniche di esfoliazione che spiego qui sotto.

Esfoliazione enzimatica – Il peeling enzimatico è quello che consiglio e preferisco fare alle pazienti, sia durante che dopo le terapie. Ha una funzione complementare a quella del peeling chimico, ma può essere applicato a casa, non contiene acidi e quindi lascia inalterato il ph della pelle. E soprattutto è adatto in caso di pelle sensibile. Come funziona? Il peeling svolge la sua azione esfoliante grazie a una reazione “proteolitica”. Degrada cioè le proteine dell’epidermide (cheratina) in aminoacidi e quindi dissolve le cellule morte. Gli enzimi penetrano negli strati superiori della pelle, che una volta liberata dalle cellule morte, apparirà più luminosa.  Potete trovare il peeling sotto forma di crema o burro esfoliante. Va eseguito con sfioramenti una sola volta al mese, con l’accordo dello medico curante. I peeling enzimatici più conosciuti e amati sono quelli che contengono enzimi della frutta: papaia, ananas, mela, lampone, zucca.  

Esfoliazione meccanica – È una frizione dello strato corneo, viene definita così perché si basa sulla pressione delle mani che coadiuvate da prodotti contenenti microgranuli, per attrito fisico portano via le cellule morte dalla superficie cutanea. Si effettua anche due volte alla settimana , ma sempre con particolare attenzione perché è una tecnica leggermente aggressiva sconsigliata per le pelli sensibili.

Esfoliazione chimica – È un meccanismo di sollevamento delle cellule morte medianti sostanze chimiche. Deve essere eseguito dal medico specialista e non a casa. Tra le sostanze più conosciute per questo trattamento gli alfa e beta idrossi acidi (AHA o BHA), gli acidi della frutta. Sono classi di acidi organici che agiscono come esfolianti, oltre ad aiutare il distacco delle cellule morte, stimolano anche i processi di riparazione della pelle e ne incrementano il turnover, aumentando anche la produzione di collagene ed elastina.        

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